Sono iniziati gli Esami di Maturità: in bocca al lupo ai maturandi giallorossoblu! (E anche a tutti gli altri…)

Carta e penna. Questa mattina è iniziato, con il tema di italiano, l’Esame di Maturità… E tra le fila dei maturandi c’era oggi anche qualche giallorossoblu! Chissà quale delle sette tracce proposte avranno scelto i nostri giovani scrittori … La poesia di Pascoli? La novella di Verga? O si saranno mossi guidati dalle riflessioni della senatrice Liliana Segre o del premio Nobel, Giorgio Parisi? Qualunque sia il tema, in ogni caso, scrivere è sempre un modo per far emergere i propri pensieri e le proprie riflessioni. Bene, quindi, che esista ancora un esame con il “Tema di Italiano”! Prima di tutto, perchè scrivere chiede di fermarsi a riflettere. E, fermandosi, a tirare fuori il meglio che ci abita, portando spesso in superficie una parte di noi -a volte sorprendente – che prende forma concreta attraverso i pensieri quando sono messi lì, nero su bianco. Spesso, tra le linee tracciate sul foglio, si colgono, in maniera talvolta inaspettata, anche sentimenti nascosti o bisogni inespressi. Bene, quindi, che esista ancora un esame con il “Tema di Italiano”!!

Nella speranza che le parole stese sul foglio protocollo oggi siano state le migliori possibili – speriamo, per tutti, in un bel voto! – ai maturandi, giallorossi e non, un grande in bocca al lupo perchè questa possa essere, prima di tutto, un’esperienza positiva. Un’esperienza da vivere con serenità: ricordando che, infondo, è solo un esame… il primo, di tanti altri che verranno!

Personalmente, ricordo ancora con il sorriso il mio esame, alla fine del liceo. E oggi, aggirandomi tra i banchi, in mezzo agli studenti, in attesa che trascorressero le sei ore della prova, non ho potuto non rivivere ancora una volta quella piacevole suggestione che solo le parole, intrecciate nelle opere dei grandi maestri, possono offrire! La poesia di Pascoli, tratta dalla raccolta Myricae, la novella di Verga, con la vicenda della giovane Nedda… Fosse toccato a me, probabilmente mi sarei lasciato trasportare proprio da quest’ultima. E, in realtà, un po’ l’ho fatto; anche se silenziosamente, custodendo gelosamente ogni mio pensiero dentro di me… Credo che la letteratura sia davvero una chiave di lettura da non trascurare nella vita. La sua bellezza è che non è mai chiusa in se stessa ma, anzi, apre sempre a cose nuove. Ogni lettura, ogni rilettura, è capace di suscitare sempre qualcosa di nuovo. E’ capace di far pensare! Così anche a me: oggi la rilettura di Verga, quasi fossi tornato un giovane studentello, mi ha suggerito un pensiero del tutto nuovo.

Così descrive Verga la giovane fanciulla di nome Nedda: “Forse sarebbe stata bella, se gli stenti e le fatiche non ne avessero alterato profondamente non solo le sembianze gentili della donna, ma direi anche la forma umana. I suoi capelli erano neri, folti, arruffati, appena annodati con dello spago; aveva denti bianchi come avorio, e una certa grossolana avvenenza di lineamenti che rendeva attraente il suo sorriso. Gli occhi erano neri, grandi, nuotanti in un fluido azzurrino, quali li avrebbe invidiati una regina a quella povera figliuola raggomitolata sull’ultimo gradino della scala umana, se non fossero stati offuscati dall’ombrosa timidezza della miseria, o non fossero sembrati stupidi per una triste e continua rassegnazione…”

 “Forse sarebbe stata bella“. Lascia quasi perplessi questo incipit, no? Quel forse scombina totalmente un ritratto che avremmo voluto leggere come la descrizione di una donna bellissima e perfetta. Invece, la figura di questa giovane donna è data quasi in un gioco di trasparenze: è un ritratto che, riga per riga, ondeggia continuamente, oscillando in contorni mai del tutto definiti, quasi sfumassero l’una nell’altra, sovrapponendosi, due diverse raffigurazioni della stessa donna. La bellezza attesa, potenziale, insita nei tratti profondi della fanciulla, da un lato, diventa una bellezza ferita, adombrata, ormai quasi irriconoscibile, calpestata com’è dalla miseria e dalla fatica della vita. E’ una bellezza che, segnata profondamente dalla realtà, ne è ridisegnata e trasformata radicalmente. E’ una bellezza che sarebbe potuta sbocciare, se la vita non l’avesse schiacciata. “Forse sarebbe stata bella“.

La novella è ambientata in un contesto sociale ed economico ben preciso. Nedda stessa non è un personaggio totalmente astratto. Tuttavia, il pensiero nuovo – qui la potenza delle parole! – che Nedda mi ha suggerito, va oltre questo contesto. Mi viene da pensare: quanto di Nedda ci appartiene, a volte? Quanto questo ritratto di Nedda, così strettamente imperniato sul tema del forse, ci può appartenere? Quanto c’è del rimando a qualcos’altro anche nella vita di ciascuno? E’ interessante pensare a quale potenza -a volte distruttiva – manifesta il condizionamento che i fattori esterni possono imporre alla nostra vita. Nedda si trova sull’ultimo gradino della scala umana, la durezza della vita l’ha calpestata. Questo il punto: quanto della vicenda di Nedda ci può appartenere? Alle volte ci troviamo anche noi a oscillare in modo poco chiaro tra ciò che potremmo essere – il nostro potenziale – e ciò che in realtà siamo. O, meglio, che la realtà, la vita vera, di noi ci lascia esprimere davvero. Ecco il pensiero: la bellezza può degradare. Nedda forse era bella. Lo era, prima di essere travolta dalla durezza dei fatti della vita.

Lancio uno spunto… A studenti e non. Chi vuole può raccoglierlo. Continuando i miei pensieri e scrivendo, perchè no, il suo personale tema di maturità!

Buon esame, cari ragazzi!

Si riparte da Sua Eccellenza: si riparte da Parteli.

Si riparte da Parteli. A nemmeno sette giorni di distanza dall’ultima di campionato e dai relativi festeggiamenti, l’Unione ha già messo a segno il suo primo colpo vincente per la prossima annata. Il mister della promozione sarà infatti nuovamente Massimiliano Parteli: tassello oltremodo fondamentale per gettare le basi della nuova stagione. Dopo qualche giorno di riflessione, il tecnico ha detto ancora di sì. Così, al termine di una stagione davvero entusiasmante, il condottiero giallorossoblu ha resistito al canto di molte sirene e si è affidato al cuore, scegliendo di rimanere al comando dei suoi, pronto a solcare i mari dell’Eccellenza.

A Limana, l’incontro tra la società e il tecnico. A Ulisse Trezzi, presidente giallorossoblu, spettano le prime parole che danno l’annuncio della riconferma del tecnico. “Il primo tassello, fondamentale, per la nuova stagione l’abbiamo posto. Il primo obiettivo, prima di ogni altra questione, era di confrontarci con Parteli per capire come ripartire, come poter programmare insieme il futuro. Ripartiamo da Parteli ed è una grande notizia per noi: perchè è un mister di grande esperienza, professionalità e ci ha dato tanto in questi anni. Concludo: non potevamo sperare in un inizio migliore. Ora, confermato il mister, cominceremo a lavorare per allestire una squadra che possa risultare all’altezza della categoria che abbiamo conquistato”.

Capita spesso -se non quasi sempre – che chi vince lascia. Così, dopo aver portato in dote ben due promozioni, una sul fronte cavarzanese, un paio di stagioni fa, e la seconda regalando alla neonata Unione un successo senza precedenti, i motivi per lasciare da vincitore sarebbero stati più che leciti. Ma alla fine, cosa ha spinto Massimiliano Parteli a dire ancora sì a questa squadra? Ha prevalso il cuore? “Sono contento. Ammetto che ero stanchissimo, al termine di questo campionato: è stato un anno passato al vertice, nel quale ci siamo spesi tantissimo. Mi sono preso un po’ di tempo per pensare e programmare il futuro. Ma la voglia di continuare ad allenare e, soprattutto, di continuare ad allenare questo gruppo, ha prevalso su ogni altro aspetto. E’ un gruppo che mi ha dato tantissimo quest’anno. Personalmente, non vedo l’ora di ricominciare”. (stra)

E festa sia! Tutte le foto della festa promozione

E festa sia! Con il triplice fischio nella gara di domenica contro il Fontanelle, la matematica arriva a dare finalmente ragione all’Unione e consegnandole con un turno d’anticipo la vittoria del campionato. Il post partita è un momento di grande festa. E non potrebbe essere diversamente, di fronte al raggiungimento di un traguardo così clamoroso per la neonata Unione Limana Cavarzano. Il racconto delle emozioni è difficile: meglio affidarsi alle immagini… Ecco quindi che le migliori istantanee dei festeggiamenti sono raccolte qui. Un breve ma significativo foto-racconto della serata giallorossoblu.

Per vedere tutte le foto continua la lettura di questo post. Continua a leggere

I cento grazie di Parteli. Ma il centunesimo, il più grande, non può non essere il nostro: per lui.

Le parole di un felicissimo mister Parteli dopo i novanta minuti con il Fontanelle, una partita che ha regalato ai suoi la storica conquista del campionato. Al termine di un torneo davvero impegnativo e combattutissimo è finalmente Eccellenza. Non ci sono grandi domande da fare, questa volta: con l’obiettivo della promozione raggiunto, felicità è la parola d’ordine. E non potrebbe essere diversamente! Iniziamo con un commento “libero”, un’impressione a caldo del momento:

Dopo la breve incursione, con i dovuti elogi al condottiero giallorossoblu, ci riproviamo di nuovo:

Un sogno costruito fin dall’inizio: l’Unione ci ha sperato, ha inseguito il desiderio, provandoci e lavorando duramente per dieci lunghi mesi. Ma, come si sa, è l’unione che fa davvero la forza; così il pensiero è per tutte le persone che hanno collaborato durante l’anno, dando il loro prezioso aiuto: la società e il direttore sportivo Carlo Cassol, in primis. Non si vince da soli. Ecco perchè sono cento i grazie da dire…

Ma dopo i cento grazie, il centunesimo, quello più grande e più sentito, quello che risssume l’intera essenza di questo risultato incredibile, che materializza tutta la felicità del momento, è senza dubbio per Mister Parteli; nessuno come lui ha avuto un ruolo tanto decisivo in quest’impresa: a partire dal merito di averci creduto, di essersi speso sempre in prima persona, di aver trasmesso quella fiducia e quella voglia di vincere che sono state la vera chiave del successo.

Forse, e senza esagerare, è giusto dire che la vera eccellenza è quella che l’Unione ha in casa: il suo condottiero. Non lo vogliamo fare di certo qui vescovo; ma nessuno può obiettare a questa sentenza: la vera eccellenza? E’ Sua Eccellenza, Massimiliano Parteli... (stra)

La storia è scritta: siamo ECCELLENTI!

La storia è scritta. E’ scritta con le parole migliori, che danno vita a un finale a effetto: quello che tutti sognavano di leggere, dopo il lungo racconto di un capolavoro, di un campionato davvero incredibile. Mancava solo la matematica, la più fredda delle arti, a dar ragione ai giallorossoblu: ma, da stasera, anche lei si deve inchinare a onorare il cammino, davvero gigantesco, di una squadra che ha saputo costruire il suo sogno e che, alla fine, ha saputo raggiungerlo. Si possono dire molte cose; ma, forse, il vero grande merito dell’Unione, quest’anno, è che ha saputo sognare: solo così, oggi, può tenere tra le mani quel desiderio, trasformato in realtà dalla concretezza di ventisei giornate, di ventisei partite intensissime. Sì, l’Unione è stata eccellente: è stata eccellente per ventisei partite; è stata eccellente per dieci lunghi mesi, in cui ha dimostrato di avere la stoffa per poter inseguire qualcosa di importante. Qualcosa di storico. L’Unione è stata eccellente. Punto. E ora lo è ancor di più: lo è a pieno titolo. Semplicemente immensa. Cari amici, nuntio vobis: Sua Eccellenza, l’Unione.

Un augurio di buona Pasqua, su tela.

Un augurio su tela, a tutti voi: in occasione di queste festività pasquali, affianco alle parole le pennellate di Mathias Grunewald, nella sua Crocifissione, opera tra le mie preferite. La scena, parte di un pannello della pala d’altare di Isenheim, datata 1515, presenta in tutta la sua drammaticità la morte in croce del Salvatore. Uno spaccato di morte che può, tuttavia, aprirsi a una prospettiva completamente nuova: quella della speranza di riscoprirsi e rilanciare se stessi; di rinascere, anche nel momento in cui l’equilibrio della propria vita appaia spaventosamente precario. Una lettura, del tutto personale, sull’opera valga come augurio sincero: perchè le ferite, per quanto dolorose e profonde, siano piuttosto aperture nella dura corteccia del nostro io: aperture vitali verso il mondo; perchè da lì non potrà che uscire e rendersi manifesta, in tutta la sua forza, la bellezza che custodiamo dentro di noi.

La Crocifissione di Grunewald ferma il tempo: è la morte che ferma il tempo. La sofferenza gela la vita, stringendola nel freddo abbraccio della morte: la inchioda, la priva del suo senso apparente, la fa pendere inerme. La rende un corpo vuoto. Così il tempo si ferma: nell’orizzonte di una raffigurazione quantomai intensa e spietata della sofferenza e della morte, in cui ogni dettaglio – le spine, i chiodi, i segni del flagello – chiama chi osserva a inorridire di fronte alla crudeltà del patimento. La croce è, qui, un autentico palcoscenico della morte. Di fronte a una scena così cupa, di fronte a un momento così drammatico, reso dal bianco innaturale di un corpo morente, il rimando più immediato è certamente al tema della sofferenza. Una sofferenza che, qui, passa attraverso il dolore fisico del chiodo che fa ritorcere la mano, della ferita che fa sanguinare il costato, dell’agonia che fa ricurvare il capo e deforma un corpo straziato. Così, chi osserva non si può sottrarre a questa dimensione che lo rende, anzi, pienamente compartecipe: la sofferenza della croce, di quella croce così espressiva e crudele, diventa la metafora più suggestiva di molti momenti della vita. E’ rimando diretto, senza giri di parole, alle situazioni che possono averci inchiodato nelle nostre speranze, illuso nei nostri desideri, ferito nell’intimità profonda del nostro cuore. E’ una scena che ci costringe quasi a specchiarci, che lo si voglia o no, a rivedere noi stessi proprio lì, appesi, sostituiti in prima persona a quel corpo morente. Il tempo così si ferma: mentre riaffiorano i momenti della vita nei quali qualcuno ci ha abbandonati alla crudeltà e alla solitudine di un patibolo. La crocifissione di Grunewald è questo: espressione dell’orrore di una crudele agonia. E’ una scena assolutamente reale, in tutta la sua potenza espressiva; lo è perchè la vita, quella vera, è in molti momenti proprio questo. Nessuna speranza, dunque.

Se la dimensione della sofferenza è il primo rimando tematico, la drammaticità di un corpo che grava appeso a un legno trova però il suo doppio nell’espressione più autentica del gesto di chi, per amore, si è consegnato alla morte. Così, quella lettura drammatica che l’opera a prima vista suggerisce si trasforma, risorge essa stessa, ampliandosi verso una prospettiva del tutto nuova: si allarga ad abbracciare la dinamica dell’amore. La croce, nel suo senso più proprio – quello teologico e, di riflesso, quello artistico – non è soltanto simbolo di morte; è, piuttosto, espressione autentica dell’amore: la croce, la crocifissione, è espressione di un atto di consegna del crocifisso, dio-uomo che si è consegnato ai chiodi. Per amore.

Anche la vicenda di ciascuno di noi è ben rappresentata dalla croce in questa rilettura, in questa prospettiva più profonda. Molte volte le scelte sono proprio atti d’amore. Ci guida il cuore. E questo movimento, questa tensione, che è tensione verso una vita realmente capace di prendere su di sè i colori e i contorni del voler bene, è l’unico movimento che può aprirci davvero a esperienze che ci trasformino e ci rendano più ricchi e luminosi. A volte, anche al prezzo di essere condotti ai piedi di una croce, che ci è assegnata da qualcuno. La prospettiva della croce-amore, è quella della ricerca e riscoperta della bellezza di sè; della ricerca e scoperta degli altri. E’ certo difficile tratteggiare una dimensione precisa in cui tutto questo possa accadere. Ma, come nell’opera, la scena non è fatta di un solo personaggio. Non c’è solo un io, non c’è solo il crocifisso morente. C’è piuttosto un noi, espresso dalle figure che stanno lì ai piedi della croce. Forse qui si può cogliere davvero la nuova prospettiva: inchiodati, si può risorgere, condividendo la rinascita con chi ci è vicino. E’ certo difficile riconoscere tutto questo. D’altronde, scriveva S.Agostino a proposito dell’amore: “Quale volto ha l’amore, quale forma, quale statura, quali piedi, quali mani? Nessuno lo può dire”. Ma tutte le esperienze umane si annodano, in fondo, proprio intorno all’amore: per chi ne è capace, un amore vero; un amore che fiorisce nella semplicità; un amore che, tradito e calpestato, inchioda a una qualche croce. Di fronte alla crocifissione, alla crocifissione di ognuno di noi, quell’amore tradito non può, però, morire davvero; può solo aspettare di risorgere. Perchè l’amore è trascendenza e, come tale, non può morire mai!

Così, la sofferenza, che è il primo velo che la tela-alias-vita ci propone, con l’aiuto del tempo, è destinato a squarciarsi per lasciare posto a una rifioritura che ci può soltanto vedere abbandonati a una dimensione nuova: una dimensione che ci rende essa stessa nuovi. Così il vero punto diventa: quali dimensioni ha l’amore? In quale spazio, in quale tempo lo si può immaginare di confinare? Dovendo scegliere delle coordinate, l’amore, quello autentico, quello che ci abita, anche se di nascosto, è di certo verticale; ed è anche, altrettanto, orizzontale. E’ verticale, come lo è il corpo che giace appeso: la terra lo vorrebbe trattenuto a sè, nella morte, ma lui è proteso in alto, verso il cielo, verso la vita nuova. La dimensione verticale è quella che lo proietta nella dimensione dell’infinito: l’amore, quello vero, non conosce limiti di altezza! Ed è in questa dimensione, è in forza di questo slancio verso l’infinito, che si può dire, davvero, che l’amore solleva, che l’amore innalza: fa protendere di nuovo verso quell’infinità di senso che la vita, seppur colpita a morte, conserva sempre in sè. Ma l’amore è anche orizzontale: lo è, nella misura in cui quelle braccia inchiodate si allargano, come in un abbraccio: è un abbraccio che fa proprio l’estremo confine della vita di tutti quelli che stanno lì e soffrono insieme; di quelli che stanno lì, ai piedi della croce.

Sarà forse per questo che la Crocifissione di Grunewald mi è sempre piaciuta più di altre: non per quello che presenta, ma per quello che prefigura. Non per la morte, ma per la rivincita sulla sofferenza. Così il dettaglio che sempre mi ha colpito profondamente è quello della mano, ritorta dal dolore della pressione del chiodo. Una mano che quasi grida lei stessa e chiama per essere liberata. Chiede che un’altra mano sfili quel chiodo che la imprigiona: chiede che un’altra mano la distenda e la riporti in vita. Lo faccia, nel gesto di una carezza.

A tutti il più sincero augurio di buona Pasqua: augurio di rinascita. Di riscoperta di sè.

 * Preciso, anticipando i lettori più attenti, che l’opera è realizzata su tavola e non su tela. Ma il titolo mi piaceva di più così…

L’Unione allunga: vince il derby e vede la Julia fermata sul pari dal Santa Lucia.

Unione doppiamente vincente. All’indomani del derby vinto dai giallorossoblu per due a zero, l’aggionamento dagli altri campi del girone dice che la Sagittaria Julia ha impattato per uno a uno contro il Santa Lucia. Con questo risultato, quindi, la classifica si muove ulteriormente, delineando un più netto distacco tra l’Unione capolista e le inseguitrici: da stasera sono infatti cinque i punti di vantaggio sulla seconda, la Julia, e otto sul Fiori Barp, terzo. Mancano ancora cinque partite da qui alla fine, il che significa naturalmente che i giochi sono ancora tutti aperti; ma la vittoria regala ai giallorossoblu almeno un certo margine di tranquillità, perchè permetterà loro di vivere l’ultima parte di stagione, quella della volata verso il grande salto, con una carica ancora maggiore.

Di seguito la sintesi della partita giocata a Sedico. Sulla pagina Facebook, invece, le video interviste raccolte a fine gara. Ai microfoni, mister Parteli e Luca Malacarne.

Formazioni.

Fiori Barp Mas: Brino, Pellegrinet (Bardin, 5′ st), Zoldan, Soppelsa (Canova D., 28′ st), Fontanive (Celentin, 35′ st), Pellicanò, Caser (Broglio, 40′ st), De Mattia, Zoldak, Tonus, Pilotti. A disposizione: Barattin, Costa, De Carlo, Canova N., Zanvettor. Allenatore: De Battista.

Unione Limana Cavarzano: De Carli, Fontana, Malacarne L.(Appocher, 45’st), Paier M. (Malacarne S., 45′ st), Marcon, Solagna (Sommariva, 35′ st), Fiabane (De Toffol, 47’st), Maset, Mastellotto, Paier J. (De Poloni, 18′ st), Dal Paos. A disposizione: Poloni, Sartori, Boso. Allenatore: Massimiliano Parteli.

La sintesi dell’incontro. Il primo spunto, al quarto minuto, è a favore dei giallorossoblu con una punizione battuta di sorpresa da Solagna che trova Fiabane poco fuori dall’area ma la cui conclusione non ha fortuna. Un paio di minuti e un buon fraseggio di Dal Paos e Fiabane sulla destra mette Paier nella condizione di calciare, ma senza esito. Risponde subito il Fiori Barp, affidandosi a Pilotti che, al decimo minuto, trova un colpo di testa velenoso da distanza ravvicinata, sul quale De Carli si fa trovare pronto. Ancora Unione, al venesimo, con Paier che si libera in area a colpire di testa un calcio piazzato dalla destra. Un minuto più tardi, il Fiori Barp cerca la risposta con Caser, servito bene da un rasoterra filtrante ma anticipato sulla linea dall’intervento tempestivo di Marcon a salvare i suoi. I minuti che seguono sono in mano ai giallorossoblu che aumentano il ritmo e si rendono pericolosi con un paio di buoni assalti. L’occasione migliore arriva al 32′ quando Solagna recupera di forza una palla sulla mediana, fa fuori due avversari con un gioco di gambe e lascia partire un pallonetto che supera Brino ma si schianta direttamente sul palo. Ancora Solagna, dieci minuti più tardi, impegna Brino in un intervento ad allontanare con i pugni. E’ l’antefatto al gol, che arriva quasi allo scadere della prima frazione: dalla bandierina sinistra si porta Jacopo Paier che lascia partire un tiro dalla traiettoria incredibile che fa volare la palla sopra la mischia, infilandola direttamente all’incrocio dei pali. E’ l’ultimo atto del primo tempo che consegna il vantaggio alla formazione ospite. La ripresa si apre con un guizzo unionese. Dodici minuti di gioco sono sufficienti a blindare il risultato: sulla sinistra, Paier recupera un’ottimo pallone poco fuori dall’area, si porta centralmente e mette dentro per Mastellotto che con un colpo di tacco serve Luca Malacarne, al quale non serve far altro che concludere a rete da un paio di metri di distanza dalla porta. Esplode la gioia giallorossoblu, che potrà rimanere tale fino alla fine dell’incontro. Segnato il secondo gol, infatti, il match si avvia alla fase del pieno controllo da parte dell’unidici di mister Parteli. Poche le occasioni degne di nota, nella mezz’ora successiva, da ambo i lati, a fronte di una intensità di gioco che non è comunque mai venuta meno. Una gara di alto livello, come era da pronostico. Un derby d’alta classifica che ha appassionato e divertito. Alla fine ha avuto la meglio la capolista, che ora, visto il mezzo passo falso della Julia, consolida il proprio primato. (stra)

Nel video, il saluto ai numerosi tifosi accorsi allo stadio per seguire il big match.

L’Unione fa suo il big match con la Julia. Ed è di nuovo in vetta. La copertina.

Il big match si colora di giallorossoblu. Con una partita semplicemente perfetta,  l’Unione torna a volare: a volare in vetta. Di nuovo davanti, al termine di novanta minuti intensissimi, di grande corsa; novanta minuti di grande gioco, impreziositi dalle reti di Fiabane e Mastellotto. Vola l’Unione, al termine di novanta minuti di grande cuore. Sì, perchè nella sfida alla Julia quello che ha fatto la vera differenza è stato proprio il cuore. L’Unione voleva vincere. E l’ha fatto. E’ così che si è portata via il risultato pieno: bruciando il campo sotto i suoi piedi, con una grande determinazione, dal primo all’ultimo minuto: correndo, impostando il gioco, provando in tutti i modi a mettere all’angolo gli avversari. Lo ha fatto portando in scena novanta minuti semplicemente perfetti. E si sa: nelle grandi sfide, quando a guidarti è il cuore, si azzerano tutti i pronostici, si annullano tutte le statistiche. Salta ogni schema. Nelle partite che contano, conta solo il cuore: vince chi desidera più degli altri di farlo. Null’altro. E l’Unione, contro la Julia, ha fatto proprio questo. Infiammando il pomeriggio e l’entusiasmo dei molti accorsi a tifare. Tornando davanti. Tornando a festeggiare per la vittoria. Tornando a dimostrare a tutti che, quando si lascia guidare dal cuore, non ce n’è davvero per nessuno. (stra)

Questa la copertina. Scorri nella pagina per leggere tutto il racconto: la sintesi, le formazioni, la cronaca. E le video-interviste, che trovi anche nelle pagine social. Buona lettura!

Partita perfetta. E l’Unione si impone di diritto.

Partita perfetta. Serve aggiungere altro? Partita perfetta, punto. Questa la sintesi più vera dei novanta minuti. Perfetta, perchè in campo si è visto il meglio dell’Unione. Partita perfetta, partita letteralmente superlativa. Una gara, quella giocata sul sintetico di Sedico, che non ha tradito le attese dei molti tifosi accorsi per gustarsi un match d’alta classifica. Ma le attese non le ha tradite, specialmente, l’Unione. Che quello con la Julia sarebbe stato un big match lo si sapeva perfettamente; e non poteva essere altrimenti: quando ci sono a confronto le due squadre che si contendono il comando del girone, l’attesa è alle stelle. Ma l’Unione è andata oltre e ha sorpreso tutti. Lo ha fatto con una partita perfetta: lo ha fatto giocando d’attacco; lo ha fatto imponendo dal primo all’ultimo minuto il suo ritmo e le sue idee; lo ha fatto segnando due volte, con Fiabane e Mastellotto, bomber sempre decisivi nelle occasioni che contano; lo ha fatto esprimendo un gioco corale, in una vera unione di intenti, che ha portato in cattedra tutti gli undici schierati in campo da mister Parteli. Lo ha fatto mettendo in campo il cuore: quello di una grande squadra, che fa saltare ogni schema, che supera ogni difficoltà e non si lascia gelare dalla paura: la paura di perdere, la paura dell’avversario, la paura, ancora più grande, di trovarsi a scivolare lontano dal traguardo che si sta sperando di raggiungere da inizio stagione. Partita perfetta, da grande squadra; perchè così fanno le grandi squadre: quando la posta in palio è alta e c’è da giocarsela, non ci si tira mai indietro. Questo ha fatto l’Unione, nella sua partita perfetta. E la vetta, che ora ritrova, se l’è meritata. Tutta.

Le formazioni.

Unione Limana Cavarzano: De Carli, Fontana, Malacarne L., Paier M., Marcon, Solagna, De Giacometti (Fiabane, 33 pt), Maset (De Poloni, 40 st), Mastellotto (Appocher, 34 st), Paier J. (Del Din, 26 st). A disposizione: Poloni, Brustolon, Boso, Sommariva F., Sommariva S. Allenatore: Massimiliano Parteli.

Julia Sagittaria: Colesso, Uliari, Lena, Prampolini, Sartori, Flaborea, Morassut, Pollicina, Geromin, Mancarella, Ndiaye. A disposizione: Barbuio, Isere, Castellet, Leorato, Geromin, Zanotel, Marchesan, Puppo, Ferrareso. Allenatore: Giro Thomas.

Direttore di gara il sig. Venturato Andrea, della sezione di Bassano del Grappa. Assistenti: Pasquesi della sezione di Rovigo e Liotta della sezione di San Donà.

Continua a leggere, scorrendo la pagina, tutta la cronaca dell’incontro.